La Corte di Strasburgo ha inflitto all’Italia la quinta condanna in tema di violenza contro le donne che segue di pochi mesi quella di Landi contro Italia. Dopo il caso Talpis contro Italia (2017) che ha portato il nostro Stato sotto procedura di vigilanza rafforzata, c’erano state le condanne V.C. contro Italia (2018) e di J.L. contro Italia (2021).
Cinque condanne in 5 anni che sanzionano lo Stato italiano e i giudici per aver violato i diritti delle vittime di violenza a causa di stereotipi sessisti o di inefficienze del sistema giudiziario.
Dopo la condanna per il caso Talpis nel 2017, il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa ha mantenuto l’Italia sotto procedura di sorveglianza vigilata. Durante la procedura che impone agli Stati di rimuovere le cause che hanno portato alla condanna, è emerso che nel nostro Paese, troppi procedimenti per violenze domestiche terminano con una sentenza di “non luogo a procedere” già al termine delle indagini preliminari. Una risposta inadeguata del nostro sistema giudiziario che viene interpretata come un proliferare di “false denunce” alimentando, in un circolo vizioso, i pregiudizi sulle donne.
Questa quinta condanna all’Italia, come nel caso Talpis, riguarda la violazione dell’art 3 della Convezione europea dei diritti umani che vieta trattamenti inumani e degradanti. La storia è stata raccontata dalla stessa protagonista, sopravvissuta alla violenza. Silvia de Giorgi, madre di tre figli, si è rivolta alla Corte Europea dopo che le 7 denunce che aveva presentato al Tribunale di Padova dal 2015 al 2019 non avevano portato a nessun provvedimento giudiziario che la tutelasse insieme ai figli dalle violenze dell’ex. Tutto questo nonostante ci fosse un rischio elevato.
La Cedu le ha dato ragione, i suoi diritti vennero violati.
Ora lo Stato italiano dovrà risarcire la vittima con 10 mila euro oltre a rifondere le spese legali.