Il 23 giugno scorso, le attiviste di Demetra hanno partecipato ad un presidio davanti al Tribunale di Modena insieme a tutti i Centri antiviolenza che aderiscono al Coordinamento regionale che si è costituito in associazione nel 2009 e oggi rappresenta 14 Centri antiviolenza.
Tutte le attiviste si sono date appuntamento alle 9 con striscioni e cartelli per denunciare il non riconoscimento della violenza nelle aule dei Tribunali a causa di persistenti pregiudizi di natura sessista. L’occasione della protesta è stato il duplice femminicidio di Gabriela e e Renata Trafandir, madre e figlia, avvenuto a Castelfranco Emilia il 13 giugno. Salvatore Montefusco, l’assassino, quel giorno ha imbracciato un fucile ed ha ucciso la moglie e la figlia adottiva di appena 22 anni, dopo una serie di violenze domestiche.
Gabriela e Renata Trafandir avevano sporto ben 4 denunce sulle quali pendeva la richiesta di archiviazione da parte del Tribunale di Modena. Subivano maltrattamenti da anni e avevano paura. Avevano confidato nell’intervento dell’autorità giudiziaria ma inutilmente.
Salvatore Montefusco agiva come un padre padrone, aveva anche impedito a Gabriela e a Renata di lavorare e le faceva vivere in una situazione di deprivazione ovvero senza cibo. Renata aveva confidato ad una amica che in casa si cibavano di alimenti avariati.
Ancora una volta non è stata riconosciuta una situazione di violenza ed è stata confusa con un conflitto: queste due morti si sarebbero potute evitare.
I Centri emiliano – romagnoli hanno steso lenzuola e manifesti davanti all’ingresso del palazzo di giustizia e hanno preso la parola per denunciare criticità che continuano a persistere nei percorsi giudiziari delle donne ed hanno chiesto che si ponga fine alle cronache di morti annunciate che si susseguono nel nostro Paese.
In Italia una donna su tre ha subito almeno un episodio di violenza nel corso della propria vita (circa 6milioni e 788mila donne secondo l’Istat) eppure poche denunciano: solo il 12,2% delle violenza commesse dal partner vengono denunciate e il 6% di quelle commesse da non partner. Il fenomeno è in gran parte sommerso e spesso non viene riconosciuto, né viene fatta l’analisi del rischio che permetterebbe di valutare con maggiore attenzione la pericolosità delle situazioni vissute dalle donne.
La Commissione Femminicidio ha misurato il livello di archiviazione nel nostro Paese: la percentuale di archiviazioni per maltrattamenti tra l’ottobre e il novembre del 2018 è stata di 26,45%; una percentuale che che scende al 23,29% delle denunce per violenza sessuale e al 28,57% per violenza sessuale di gruppo; le denunce per stalking sono archiviate nel 25,8% dei casi.
La Corte europea dei diritti umani (Cedu) nel 2018 ha espresso preoccupazione per l’elevato numero di archiviazioni denunciando la persistenza di pregiudizi misogini e sessisti che colpevolizzano le donne ostacolandone la credibilità e l’ascolto empatico.
Un’altra relazione della Commissione femminicidio ha messo in evidenza la scarsa formazione dei magistrati in tema di violenza.